PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
ISTITUZIONE DELL'UFFICIO E SUA COMPETENZA

Art. 1.
(Istituzione dell'ufficio unico per la famiglia, il minore e la persona).

      1. È istituito l'ufficio unico giudiziario per la famiglia, il minore e la persona, di seguito denominato «tribunale per la famiglia», avente competenza: nell'ambito civile, per tutte le materie previste dal libro I del codice civile, ed in particolare dagli articoli 79 e seguenti, nonché dalla legge 1o dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, e dalla legge 4 aprile 2001, n. 154; nell'ambito amministrativo, per le materie e le situazioni previste dalla parte III del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e successive modificazioni; nell'ambito penale, per tutti i reati commessi da persona minore di età.
      2. Il tribunale per la famiglia è ubicato in ciascuna delle sedi di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, ed ha giurisdizione sul territorio ricompreso nella competenza di ciascuno degli uffici considerati dalla tabella medesima.
      3. Il tribunale per la famiglia costituisce sezione specializzata del tribunale situato nelle sedi di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Esso è presieduto da un magistrato avente qualifica non inferiore a magistrato di appello ed è composto da magistrati ordinari e da magistrati onorari. Questi ultimi devono possedere i requisiti di cui all'articolo 2 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni,

 

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dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e successive modificazioni.
      4. Il tribunale per la famiglia giudica in composizione collegiale e monocratica. Quando giudica in composizione collegiale è composto da due magistrati ordinari, uno dei quali è il presidente, ovvero il magistrato avente maggiore anzianità, con funzioni di presidente, e da due magistrati onorari, un uomo e una donna. Quando giudica in composizione monocratica, esso è costituito da un magistrato ordinario.

Art. 2.
(Ufficio del pubblico ministero).

      1. La procura della Repubblica situata presso ogni tribunale per la famiglia esercita le proprie attribuzioni, relativamente alle materie di cui all'articolo 1, avvalendosi di magistrati ordinari e di magistrati onorari. I magistrati onorari possono essere delegati, oltre che all'espletamento delle funzioni previste dall'articolo 72 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, a compiere direttamente, ovvero avvalendosi degli uffici della sicurezza pubblica o dei servizi sociali, gli accertamenti sulle condizioni dei minori e delle famiglie interessate.

Art. 3.
(Sezioni specializzate presso le corti di appello e la Corte di cassazione).

      1. Presso ciascuna corte di appello e presso la Corte di cassazione sono istituite sezioni specializzate competenti a decidere sulle impugnazioni proposte avverso i provvedimenti del tribunale per la famiglia.
      2. La sezione della corte di appello giudica con la presenza di due magistrati ordinari e di due magistrati onorari, un uomo e una donna, aventi i requisiti di cui all'articolo 2 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e successive modificazioni.

 

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Art. 4.
(Assegnazione dei magistrati).

      1. Il Consiglio superiore della magistratura assegna ai tribunali per la famiglia, alle procure della Repubblica presso i medesimi e alle sezioni specializzate delle corti di appello di cui all'articolo 3 magistrati aventi specifica competenza e attitudine, risultanti da precedente positiva esperienza nella funzione o dalla partecipazione a corsi di qualificazione professionale.
      2. I magistrati del tribunale per la famiglia non devono essere adibiti ad altre funzioni, salvo che per supplenze o applicazioni disposte in caso di necessità non altrimenti fronteggiabile.

Art. 5.
(Competenza monocratica o collegiale in materia civile).

      1. Il tribunale per la famiglia giudica in composizione monocratica nelle materie previste dai seguenti articoli del codice civile: articoli 84 e 90, in materia di autorizzazione del minore a contrarre matrimonio; articolo 145, in materia di intervento del giudice in situazione di disaccordo coniugale; articolo 158, in materia di separazione consensuale, in assenza di figli; articolo 171, in materia di attribuzione del fondo patrimoniale; articolo 252, in materia di affidamento del figlio naturale; articoli 262 e 264, in materia di assunzione del cognome del padre e relativa impugnazione; articolo 273, in materia di autorizzazione dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità; articolo 316, in materia di contrasti nell'esercizio della potestà dei genitori. Giudica, altresì, in composizione monocratica, nel caso di attribuzioni già assegnate al giudice tutelare ai sensi degli articoli 344 e seguenti del medesimo codice civile e, inoltre, nelle materie di cui: all'articolo 3 della legge 21 novembre 1967, n. 1185, e successive modificazioni; all'articolo 12 della legge 22

 

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maggio 1978, n. 194; all'articolo 4, commi 1 e 5, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni.
      2. Il tribunale per la famiglia giudica in composizione collegiale in tutte le materie non individuate dal comma 1. In caso di parità di opinioni prevale quella del presidente del collegio giudicante.
      3. La competenza appartiene comunque al tribunale per la famiglia quando la domanda ha ad oggetto, insieme ad altre, una delle materie di cui all'articolo 1, comma 1. La competenza non può essere derogata per accordo tra le parti.

Art. 6.
(Competenza penale).

      1. Nel procedimento penale a carico di minorenni il tribunale per la famiglia e la procura della Repubblica osservano le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, e successive modificazioni, in quanto compatibili.
      2. Il tribunale per la famiglia nella materia penale opera in composizione collegiale. In caso di parità di opinioni prevale quella più favorevole all'imputato.
      3. Presso ogni ufficio del quale fa parte il tribunale per la famiglia, nella sezione o fra i giudici per le indagini preliminari sono individuati uno o più giudici aventi le caratteristiche di cui all'articolo 4, i quali sono incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari. L'organizzazione del lavoro dei predetti giudici è attribuita al giudice più anziano.
      4. Le funzioni di giudice dell'udienza preliminare sono svolte da un collegio costituito da un magistrato ordinario e da due giudici onorari, un uomo e una donna.
      5. Può essere disposta, davanti al tribunale per la famiglia, al giudice per le indagini preliminari e al giudice dell'udienza preliminare presso il medesimo tribunale, la riunione con procedimenti relativi ad imputati maggiorenni in caso di connessione, quando la relativa competenza

 

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appartenga al medesimo ufficio e il giudice ritenga che la riunione non nuoccia agli interessi dei minori.
      6. Le funzioni del magistrato di sorveglianza sono esercitate da un giudice facente parte del tribunale per la famiglia. Le funzioni del tribunale di sorveglianza sono svolte da un collegio avente la composizione di cui al comma 4.

Art. 7.
(Competenza amministrativa).

      1. Nei casi previsti dalla parte III del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e successive modificazioni, il tribunale per la famiglia adotta, in composizione collegiale, i provvedimenti ivi stabiliti ed effettua gli accertamenti necessari per mezzo di uno dei suoi componenti a tale fine designato.

Capo II
PROCEDIMENTO

Art. 8.
(Competenza territoriale del tribunale per la famiglia).

      1. Per i procedimenti civili attribuiti al tribunale per la famiglia è competente il giudice del luogo in cui ha residenza il convenuto, salvo che al procedimento sia interessato un minorenne, nel quale caso è competente il giudice del luogo in cui il minore ha la residenza abituale.

Art. 9.
(Procedura dinanzi al tribunale per la famiglia in composizione monocratica).

      1. La domanda al tribunale per la famiglia è introdotta con ricorso di parte. Il giudice può assumere d'ufficio le informazioni ritenute necessarie. Il giudice,

 

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sentite le parti ed il pubblico ministero, decide con decreto o con sentenza ai sensi della legislazione vigente in materia.

Art. 10.
(Procedura dinanzi al tribunale per la famiglia e in composizione collegiale).

      1. I procedimenti di adattabilità, di affidamento, di potestà, di inabilitazione, di interdizione, di amministrazioni di sostegno e i relativi provvedimenti sono esenti da imposte di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa e diritto dovuti ai pubblici uffici.
      2. Le parti devono stare in giudizio con il ministero di un avvocato legalmente esercente. Il giudice nomina un difensore di ufficio qualora la parte ne sia sprovvista.
      3. Il difensore di ufficio deve essere specializzato ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272.
      4. Sono legittimate ad agire le persone che vi hanno interesse e, nelle materie relative alla potestà dei genitori, alla dichiarazione dello stato di adottabilità ed all'affidamento dei minori sono legittimati anche il pubblico ministero e i parenti dei minori fino al terzo grado.

Art. 11.
(Iniziativa del pubblico ministero).

      1. I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio, nonché gli esercenti un servizio di pubblica necessità, i quali in ragione del loro ufficio abbiano notizia di minorenni in situazione di abbandono o che siano parti offese di reati o che versino in condizioni tali da richiedere l'intervento di provvedimenti soppressivi o modificativi della potestà genitoriale, al fine di consentire l'esercizio dell'azione in materia civile nei casi previsti dalla legge, trasmettono al pubblico ministero una relazione nella quale espongono i fatti di cui sono venuti a conoscenza e le fonti di tale conoscenza, e indicano le persone che sono in grado di riferire sui fatti medesimi.

 

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      2. Ai fini dell'esercizio dell'azione civile ai sensi del comma 1, il pubblico ministero dispone, entro il termine di un mese, tramite i servizi locali o gli organi di pubblica sicurezza, accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore e sulle condizioni in cui vive, ed acquisisce eventuali proposte e programmi di intervento dai servizi sociali territoriali competenti ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328, circa la prevenzione e il recupero del minore.

Art. 12.
(Forma della domanda).

      1. La domanda è proposta con ricorso, il quale deve contenere:

          a) l'indicazione dell'ufficio giudiziario;

          b) il nome, il cognome, la residenza o il domicilio eletto del ricorrente nella circoscrizione del giudice adito e il nome, il cognome, la residenza, il domicilio, o la dimora del convenuto, se ricorrente, e del pubblico ministero; il ricorso deve altresì indicare l'ufficio di procura cui appartiene la competenza a trattare;

          c) l'oggetto della domanda o dell'istanza con l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto che ne costituiscono il fondamento;

          d) l'indicazione dei mezzi di prova ed in particolare l'indicazione del nome, del cognome e della residenza delle persone informate sui fatti nonché dei documenti che si allegano al ricorso.

Art. 13.
(Deposizione del ricorso e decreto di fissazione dell'udienza).

      1. Il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice competente insieme ai documenti ad esso allegati. La parte deve dichiarare o eleggere un domicilio per le notificazioni ai sensi di quanto previsto

 

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dall'articolo 161 del codice di procedura penale.
      2. Il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale delle cause civili del tribunale per la famiglia e istituisce il fascicolo d'ufficio.
      3. Il fascicolo di cui al comma 2 è senza indugio presentato al presidente del tribunale per la famiglia che entro dieci giorni, con decreto scritto in calce al ricorso, fissa l'udienza di comparizione del ricorrente e delle altre persone interessate davanti al collegio. Tra la data di deposito del ricorso e l'udienza di discussione non devono decorrere più di due mesi.
      4. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati a cura del tribunale per la famiglia almeno venti giorni prima della data fissata per l'udienza. Su istanza motivata della parte, tale termine può essere ridotto della metà.

Art. 14.
(Costituzione del convenuto).

      1. Il procedimento dinanzi al tribunale per la famiglia è connotato dall'oralità. Le memorie scritte sono autorizzate e sono escluse preclusioni e decadenze.

Art. 15.
(Intervento del pubblico ministero).

      1. Il pubblico ministero presso il tribunale per la famiglia interviene nelle cause e negli affari di competenza del tribunale medesimo per i quali è prevista la trattazione collegiale.
      2. Al fine di consentire l'intervento del pubblico ministero, il presidente del tribunale per la famiglia dispone la comunicazione allo stesso di tutti i ricorsi.
      3. Il pubblico ministero dispone dei poteri di indagine di cui al comma 1 dell'articolo 16 per tutta la durata del processo. Ha gli stessi poteri che competono alle altre parti e li esercita nelle stesse forme che la legge stabilisce per queste ultime.

 

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Art. 16.
(Attività istruttoria).

      1. Alla deduzione e all'assunzione dei mezzi di prova si applicano, per quanto non espressamente previsto dalla presente legge, le norme previste in materia dal libro II del codice di procedura civile.
      2. Qualora sia dichiarata l'ammissione di mezzi di prova non disciplinata dalle norme del libro II del codice di procedura civile o l'assunzione di forme differenti da quelle ivi previste, il giudice, sentite le parti, li ammette se risultano idonei ad assicurare l'accertamento dei fatti e non pregiudicano la libertà morale della persona, dando disposizioni sulle relative modalità di assunzione.
      3. Il collegio può delegare l'assunzione dei mezzi di prova ad un suo componente; questi può risolvere ogni incidente che sorga durante l'assunzione dei mezzi di prova ed in particolare in ordine alla capacità dei testi, ai poteri dei consulenti d'ufficio e di parte, alla decadenza della prova.
      4. Il giudice procede anche d'ufficio nella ricerca della prova avvertendo le parti, sotto pena di nullità, della data della loro assunzione, salvo che, in relazione all'oggetto della prova stessa e alla personalità del soggetto da escutere, ritenga che la presenza delle parti o l'avviso alle stesse possa pregiudicare la genuinità della prova o comportare pericolo concreto per il minore interessato. Per gli stessi motivi il giudice può disporre l'allontanamento delle parti precedentemente avvisate o ammesse.

Art. 17.
(Poteri del giudice).

      1. Il giudice, anche d'ufficio, può acquisire dai servizi sociali territoriali informazioni e notizie circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali ed ambientali dei minori nel cui interesse deve provvedere. Deve inoltre acquisire dagli stessi servizi proposte di possibili percorsi di sostegno e programmi di ausilio atti a

 

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rimuovere gli ostacoli personali, familiari e sociali che si frappongono alla sicurezza e al benessere del minore. L'acquisizione di informazioni, di notizie e di proposte di possibili percorsi dai servizi sociali territoriali deve essere comunicata immediatamente alle parti le quali hanno diritto di prenderne visione, di estrarne copia e di replicare nel termine di quindici giorni dalla comunicazione.

Art. 18.
(Audizione del minore).

      1. Il minore capace di discernimento ha diritto ad essere sentito e ad esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa e, ai fini della decisione, il giudice deve prendere in considerazione tale opinione tenendo conto dell'età e del grado di maturità del minore.
      2. Quando procede all'audizione del minore, sia per ascoltare l'opinione sulle questioni che lo riguardano sia quale persona informata sui fatti, il giudice può farsi assistere da un esperto appositamente nominato, cui può anche delegare l'audizione se le circostanze lo richiedono.
      3. Per garantire la migliore riuscita dell'atto, il giudice può altresì disporre, sentite le parti, che l'audizione avvenga al di fuori dell'ufficio giudiziario in locali a ciò idonei e che la medesima, oltre che verbalizzata, sia registrata con mezzi audiovisivi.
      4. Il pubblico ministero, le parti e il difensore non possono assistere direttamente all'audizione del minore in qualunque fase e forma la stessa sia disposta.

Art. 19.
(Fascicolo d'ufficio e copia degli atti).

      1. Le parti ed i loro difensori hanno diritto di prendere visione degli atti e dei verbali contenuti nel fascicolo d'ufficio e degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte e di estrarne copia. Al rilascio delle copie provvede il cancelliere.

 

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      2. Qualora il minore sia persona offesa di un reato per il quale sia indagata una delle parti del procedimento ovvero comunque ricorra un concreto pericolo per il minore, il giudice, d'ufficio o su istanza del pubblico ministero o delle altre parti, può disporre con decreto motivato non impugnabile che determinati atti e documenti non possano essere esaminati o non se ne possa estrarre copia per un tempo massimo di due mesi prorogabile una sola volta per ulteriori due mesi. Le parti hanno comunque diritto all'esame e all'estrazione di copia degli atti prima dell'udienza fissata per la discussione di cui al comma 2 dell'articolo 20. Gli atti trasmessi dall'autorità giudiziaria penale ed acquisiti al fascicolo civile presso il tribunale per la famiglia possono essere esaminati se non secretati in sede penale.

Art. 20.
(Trattamento e decisione).

      1. All'udienza fissata, se ritiene che non sia necessario procedere a istruttoria, il collegio invita le parti a discutere ugualmente il ricorso e trattiene la causa in decisione; altrimenti dispone, anche d'ufficio, l'assunzione dei mezzi di prova che sono ammissibili e rilevanti ai fini della decisione e fissa l'udienza davanti al giudice delegato per la loro assunzione.
      2. Terminata l'istruttoria le parti discutono oralmente la causa innanzi al collegio, in una udienza a tale fine eventualmente fissata. Qualora una delle parti ne faccia richiesta, il collegio può assegnare un termine non superiore a venti giorni per la presentazione di memorie ed un successivo termine non superiore a dieci giorni per le repliche.
      3. Esaurita la discussione il collegio trattiene la causa in decisione. La decisione è depositata in cancelleria nel termine di un mese dall'udienza di discussione. Qualora la redazione della motivazione sia particolarmente complessa, il collegio, se ritiene di non poter depositare la decisione entro tale termine, può stabilire

 

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un termine più lungo, non eccedente quarantacinque giorni.

Art. 21.
(Impugnazioni).

      1. Contro le sentenze del tribunale per la famiglia può essere proposta impugnazione innanzi alla sezione specializzata della corte di appello di cui all'articolo 3.
      2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 433 e seguenti del codice di procedura civile.
      3. Avverso le sentenze pronunciate in grado di appello è esperibile ricorso per cassazione per violazione di legge.

Art. 22.
(Esecuzione).

      1. L'esecuzione delle sentenze aventi ad oggetto somme di denaro avviene ai sensi degli articoli 474 e seguenti del codice di procedura civile.
      2. L'esecuzione delle decisioni aventi ad oggetto obblighi di consegna, di rilascio, di fare o non fare avviene sotto il controllo del collegio che le ha emesse o di un giudice o del delegato, il quale ne determina le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, decide con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti.

Art. 23.
(Provvedimenti d'urgenza).

      1. In caso di urgente necessità il tribunale per la famiglia, su istanza del pubblico ministero o delle parti, può in qualunque momento assumere provvedimenti temporanei nell'interesse del minore in tutti i procedimenti che lo riguardano.
      2. Per quanto non diversamente disciplinato dalla presente legge si applicano gli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile.

 

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      3. La trattazione e la decisione del ricorso sono collegiali.
      4. Nei casi di particolare urgenza il presidente del tribunale per la famiglia può designare un magistrato del collegio, il quale, assunte se occorre sommarie informazioni, provvede con decreto motivato. In tale caso il magistrato fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti al collegio entro un termine non superiore a quindici giorni. In tale udienza il collegio, con ordinanza, conferma, modifica o revoca il decreto.

Art. 24.
(Mediazione).

      1. Quando il pubblico ministero o una delle parti ne facciano richiesta, il giudice, con il consenso delle parti interessate, può sospendere il processo per consentire lo svolgimento di attività di mediazione e di sostegno innanzi all'autorità amministrativa, al fine di ricercare le soluzioni che attuano in maggior misura l'interesse del minore, nonché verificare la necessità o l'opportunità di misure di sostegno nei confronti delle parti e del minore.
      2. La parte che per qualsiasi causa non ritenga di dover continuare l'attività di mediazione può sempre chiedere, con comparsa di riassunzione, la prosecuzione del processo. Il giudice dispone la prosecuzione del giudizio.
      3. Quando l'attività di mediazione è conclusa le parti ne informano conseguentemente il giudice, il quale fissa con decreto l'udienza per la prosecuzione del giudizio.

Art. 25.
(Intervento urgente a protezione dei minori).

      1. L'articolo 403 del codice civile è sostituito dal seguente:

          «Art. 403. - (Intervento urgente a protezione dei minori). - Quando ricorrano

 

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esigenze di assoluta urgenza di protezione del minore che si trovi in una situazione di grave pregiudizio o dalla quale stia per derivare grave pregiudizio per lo stesso, i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza possono collocare il minore in un luogo sicuro. Le spese per il collocamento del minore e quelle conseguenti alla sua permanenza sono poste a carico del bilancio dello Stato.
      Del provvedimento assunto l'autorità che lo ha deliberato informa immediatamente, e non oltre le quarantotto ore, il pubblico ministero, il quale, entro le successive quarantotto ore, deve richiedere alla sezione specializzata per la famiglia l'emanazione di provvedimenti d'urgenza ovvero dare le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente».

Capo III
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 26.
(Entrata in vigore e termine per la istituzione dei tribunali per la famiglia).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
      2. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, individua e definisce con decreto gli organici delle sezioni specializzate dei tribunali per la famiglia di cui all'articolo 3 e delle relative procure della Repubblica.
      3. Entro un mese dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, i magistrati interessati possono proporre domanda di trasferimento. Entro ulteriori due mesi il Consiglio superiore della magistratura provvede alle relative nomine.
      4. Il Ministro della giustizia provvede affinché le sezioni specializzate dei tribunali per la famiglia siano istituite e operanti entro il termine di cui al comma 5.

 

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      5. A decorrere dal duecentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, cessano di operare i tribunali per i minorenni di cui al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e successive modificazioni, e gli affari penali pendenti davanti agli stessi sono trasferiti alla sezione specializzata del tribunale per la famiglia competente.

Art. 27.
(Disposizioni transitorie).

      1. I procedimenti civili in corso alla data di entrata in vigore della presente legge proseguono davanti all'ufficio presso il quale sono pendenti. Le domande successive a tale data sono proposte davanti all'ufficio presso il quale è istituito il tribunale per la famiglia competente ai sensi dell'articolo 1.
      2. I procedimenti penali per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia in corso l'udienza preliminare o la celebrazione del dibattimento, proseguono davanti al tribunale per i minorenni che ne esaurisce la celebrazione entro il termine di cui al comma 5 dell'articolo 26.
      3. In ogni altro caso la competenza appartiene o è trasferita al tribunale per la famiglia a decorrere dal termine di cui al comma 5 dell'articolo 26.

Art. 28.
(Disposizioni relative ai magistrati).

      1. I presidenti dei tribunali per i minorenni sono destinati, a domanda e con priorità su ogni altra richiesta, alle funzioni di presidente del tribunale per la famiglia in uno degli uffici presso i quali lo stesso è istituito.
      2. I procuratori della Repubblica presso il tribunale per i minorenni sono destinati, a domanda, anche in soprannumero riassorbibile con le successive vacanze, alle funzioni di aggiunto presso una procura

 

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della Repubblica che contempli tale funzione ed esercitano funzioni di coordinamento dei magistrati che si occupano degli affari di competenza del tribunale per la famiglia.
      3. I giudici ed i sostituti dei tribunali per i minorenni e delle relative procure della Repubblica sono destinati, a domanda e con priorità su ogni altra richiesta, alle sezioni specializzate dei tribunali per la famiglia di cui all'articolo 3 e alle procure della Repubblica corrispondenti, nei limiti degli organici definiti ai sensi del comma 2 dell'articolo 26.
      4. Qualora non sia proposta domanda ai sensi dei commi 1 e 2, i magistrati ivi considerati possono chiedere, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ed anche in deroga al disposto dell'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1942, n. 12, e successive modificazioni, l'assegnazione a posti vacanti pubblicati.
      5. La destinazione prevista dal presente articolo non costituisce trasferimento ad altri effetti ed in particolare agli effetti previsti dall'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e dall'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, e successive modificazioni.
      6. I giudici onorari presso i tribunali per i minorenni sono assegnati, a domanda, alle sezioni specializzate dei tribunali per la famiglia, entro i limiti di organico definiti dal Consiglio superiore della magistratura.